SO COSA HAI FATTO

 

“È un triste giorno per la nostra città: oggi il piccolo Rick Mason è stato ucciso. Ucciso a soli nove anni, mentre era al supermercato con i suoi genitori. Improvvisamente è apparso uno di quei tanti uomini in sgargianti costumi, questo però non aveva di certo intenti benigni. Ha iniziato a sparare all’impazzata per spaventare i presenti, ma un colpo di rimbalzo ha preso in pieno petto il piccolo Rick: per lui non c’è stato niente da fare. Poi il rapinatore è fuggito via col bottino: ottocento dollari. La vita di una persona innocente vale solo ottocento dollari.
Le telecamere di sicurezza del supermercato hanno ripreso tutto la scena. Ci siamo interrogati a lungo se farvi o no vedere le immagini, ma riteniamo fortemente che il diritto di cronaca sia sacro. Ecco, osservate l’assassino del piccolo Rick: New York lo conosce, è stato uno dei suoi protettori in passato prima di sparire per lungo tempo. Oggi è riapparso ed avremmo voluto che non lo facesse mai. Si chiama Hector Ayala e con quel bianco costume è noto come Tigre Bianca. E le sue malefatte non si sono fermate qui. Nel tornare a casa, c’era la polizia ad attenderlo: lui aveva già piazzato un ordigno esplosivo nella sua abitazione. La deflagrazione ha ucciso sei agenti, tutti padri di famiglia. Con quale persona spietata ci troviamo di fronte? Se vedete quest’uomo chiamate immediatamente la polizia e non fate mosse avventate, avete visto di cosa è capace.
Di fronte a queste tragedie passa quasi in secondo piano la notizia che un carico di gas nervino è stato rubato da una installazione militare…”.

Casa di Peter Parker.

L’uomo spegne la televisione, il suo cuore e la sua mente pieni di dubbi e di angoscia.
“Tu ci credi, Peter?” gli chiede sua moglie Mary Jane.
“No, non è possibile” risponde lui “Hector non è capace di simili cose”.
“Però c’erano i filmati…”.
“Sai quante volte io sono stato impersonato da altre persone ed ho passato i miei bei guai con la giustizia? Hector deve essere rimasto vittima di una cosa simile: però perché continua a nascondersi? Non gli servirà a nulla”.
“Forse ha solo paura: una emozione decisamente comprensibile”.
“Credo tu abbia ragione, MJ. Dunque serve qualcuno che lo aiuti a ripulire il suo nome”.
“Ehi, io conosco una persona adatta!”.
Peter Parker si mette la maschera dell’Uomo Ragno. “Credo sia una nostra comune conoscenza”.

Per le strade di New York.

Chi sono? Cosa mi è successo? Queste le domande che più e più volte si presentano alla mente dell’uomo che nervosamente si aggira per una affollata zona di Manhattan. In testa ha come un tremendo vuoto, che gli impedisce di ricordare anche le cose più elementari.
L’uomo istintivamente mette una mano in tasca ed estrae il suo portafoglio. Ci sono centoventidue dollari all’interno, più la tessera della previdenza sociale. Intestata a HECTOR AYALA. Una vetrina gli rimanda l’immagine dello stesso volto che si vede nella foto. Dunque è questo il suo nome e, sempre secondo la tessera, ha ventotto anni ed abita in una zona del Bronx. Dunque può tornare lì e…
Improvvisamente una immagine si presenta davanti ai suoi occhi: una tremenda esplosione, lui che scampa per miracolo alla morte… ha la certezza che sia un evento recente. Tutto a un tratto l’idea di tornare a casa non gli sembra più tanto felice, anche se non sa spiegarsene la ragione. Ma allora dove può andare?
Mentre continua a camminare, non si accorge degli sguardi che gli lanciano alcune persone. Fino a non troppi anni fa, magari, avrebbero lasciato perdere. Ma da allora questa città ha subito attacchi terroristici e la paura è stata messa da parte. Inoltre… ai loro occhi la persona che hanno di fronte è responsabile dell’omicidio a sangue freddo di un bambino. Hector Ayala può ritenersi fortunato se la folla non prova a linciarlo.
Nei minuti seguenti circa dieci persone contattano il 911, ma a loro insaputa qualcuno intercetta le loro chiamate.

“Sei vite sono state stroncate, sei agenti uccisi nell’adempimento del dovere. Non sappiamo se le loro famiglie siano già state informate, ma per dovere di cronaca ecco i loro nomi…”.

Manhattan.

Come un trapano nel cervello, altri flash di memoria si presentano alla mente di Hector Ayala. Si vede in un vicolo a recuperare tre strani amuleti: questi amuleti si uniscono in uno solo e lo dotano di incredibili energie. Si vede ora con uno scintillante costume bianco ad affrontare uno strano tizio con la pelle metà bianca e metà nera. E poi… a fianco ad un altro strano tizio col costume rosso e blu.
Improvvisamente cala una coltre di oscurità, squarciata dal rumore dei proiettili. E rivoli di sangue scendono, come a macchiare un paesaggio immacolato. Hector Ayala sa che quella che sta vedendo è la sua famiglia, uccisa a causa sua. Soprattutto sua sorella, sente di essere vicino a ricordarne il nome. Era… era…
“Awilda!”.
E con questa rinnovata consapevolezza, l’uomo esce dalla sua trance. E scopre di essere rimasto solo dove prima c’erano decine di persone ad accerchiarlo. Persone consapevoli dell’arrivo di imminenti guai: anni di esperienza hanno insegnato loro ad evitare momenti del genere. E mentre il sole tramonta, il silenzio della strada viene squarciato dalle sirene della polizia. Hector Ayala sa che non deve farsi catturare, per lui significherebbe la fine.
Accanto a lui c’è un vicolo stretto, vi si fionda senza esitare. Qualche metro dopo c’è una grata, la scavalca con insospettabile agilità. E continua a correre… con quanto fiato ha in corpo, senza voltarsi mai indietro. Dopo minuti, oppure ore, si ferma: non sente più le sirene. Lo interpreta come un buon segno. Trova comunque strano che i poliziotti abbiano annunciato così rumorosamente il loro arrivo, con un approccio più cauto ora sarebbe nelle loro mani. Comunque non è una sua preoccupazione. Però per quale motivo lo stanno cercando?
La vera preoccupazione arriva quando Hector sente degli strani suoni sopra la sua testa. Alza lo sguardo e davanti a lui… c’è un uomo librato in volo.
“Puoi sfuggire alla polizia, assassino, ma Annex non ti ha perso mai di vista”.

“L’omicidio di un bambino, la sottrazione di un carico di gas nervino… la nostra città è davvero preda di una nuova morsa di terrore. Al Qaeda ha già diramato un comunicato via Internet tramite il quale si attribuisce il merito di questi nuovi atti perpetrati contro l’imperialismo americano. I servizi segreti tuttavia tendono a non dare molta credibilità a queste loro affermazioni…”.

Manhattan.

La città di New York è piena di colorati supereroi e supercriminali. Forse anche troppo piena. Alcuni rimangono sempre sotto le luci della ribalta, altri hanno i loro quindici minuti di gloria per poi ripiombare nell’anonimato. Annex è un ottimo esempio di quest’ultima categoria: ex soldato rimasto gravemente ferito, ha trovato un modo per compensare il suo handicap. E questo modo è l’armatura che usa per volare… ed occasionalmente per mettersi in mostra.
“Ti avverto di non fare mosse stupide” dice Alex Ellis “Non ti servirebbe a nulla”.
“Tutti mi stanno cercando” ribatte Hector Ayala “Però non ne comprendo il motivo”.
“Non lo sai, eh? Dunque non ti ricordi di aver ucciso un bambino, vero? Lo hai proprio dimenticato, guarda un po’. In guerra solo le persone più spregevoli uccidono i bambini a sangue freddo”.
“Io… ho ucciso un bambino? No, non ci credo, senõr. So di non esserne capace”. Senõr?
“Ci sono dei filmati che ti inchiodano”.
“Sono falsi”.
“Bene. Allora andiamo alla polizia e spieghiamoglielo”.
“Non mi crederanno mai”.
“E fanno bene. Nemmeno io ti credo”.
“Ascolta, Annex. Non ho nulla contro di te: lasciami andare”.
“Peccato, Tigre Bianca, che io invece abbia qualcosa contro di te. Un forte risentimento per aver ucciso una persona innocente. E per questo devi pagare”.
Tigre Bianca?
Il pensiero fa a malapena ad affiorare nella mente di Hector che Annex spara un raggio energetico contro di lui. Con una velocità che non pensava di possedere, l’uomo la evita e si lancia in una nuova corsa nei vicoli di questa zona del quartiere.
Annex lo insegue immediatamente, anche se non si trova a proprio agio tra gli spazi stretti di queste stradine. Hector trova sul suo percorso un bidone dell’immondizia e lo scaraventa contro l’eroe, che non è in grado di evitarlo, anche se l’impatto non gli provoca alcun fastidio. L’uomo decide allora di non fuggire più, basta voltare le spalle. Le probabilità a suo favore sono scarse, ma ha intenzione di giocarsele tutte. In mano gli è rimasto il coperchio del bidone ed usandolo come insolita arma coglie Annex in pieno volto.
È stato un colpo forte, che l’eroe non si aspettava proprio. Non immaginava che il suo avversario fosse così forte. Hector Ayala continua ad incalzare Annex con numerosi attacchi, in ogni parte del suo corpo. Pur se protetto dalla sua armatura, l’eroe di guerra sente quei colpi. Li sente e come.
“Attenzione, sistema idraulico compromesso” lo avverte poco dopo una asettica voce di computer.
Hector non intende dargli causa: lo afferra e, con una forza incredibile, gli strappa l’elmetto che copre il suo volto. Infine mette ko Annex con un destro ben assestato.
Solo allora la sente: la stanchezza, sovrastante, sembra ora bloccare ogni suo movimento. Però non può permettersi di rimanere qui, la polizia potrebbe arrivare da un momento all’altro. Lentamente si allontana dalla zona di battaglia, mentre Annex è ancora riverso incosciente a terra. Non credeva davvero che si sarebbe trovato di fronte un avversario così determinato. E così forte.
Hector Ayala esce dal vicolo e ricompare in una strada semideserta: nessuno fa segno di notarlo. Subito dopo l’uomo nota a terra un cappellino dei New York Yankees, probabilmente gettato a terra con rabbia da un loro fan deluso. È un po’ rovinato, ma non può certo permettersi di fare lo schizzinoso. Lo raccoglie e lo indossa: ora è meno facile che lo notino, terrà anche il volto basso.
“Veramente notevole, signor Ayala”.
L’uomo si volta, pronto ad affrontare una nuova sfida, ma si ritrova di fronte un uomo in gessato nero, con scarpe nere ed occhiali neri, semicalvo ed in possesso di uno sguardo di ghiaccio. Decisamente uno strano avversario… se di avversario si tratta.
L’uomo in nero avanza verso Hector, pronto a difendersi al minimo accenno di pericolo. Tuttavia parla solamente:”Sì, signor Ayala, veramente notevole. Non immaginavamo che ci avrebbe dato così tante soddisfazioni”.
“Lei sa chi sono, può spiegarmi cosa è accaduto, lo sento. La prego, me lo dica”.
“Amnesia. Un effetto collaterale che avevamo previsto: tuttavia siamo stati davvero avventati, bisogna ammetterlo. Non le dice niente il nome Tigre Bianca?”.
Di nuovo quel nome. “Lo ha pronunciato anche quel tizio poco fa. È un altro mio nome? E cosa significa?”.
“Signor Ayala, questi amuleti non le dicono niente?”. L’uomo in nero estrae tre pietre verdi, che sembrano brillare debolmente. “Purtroppo non sono quelli originali, non siamo riusciti a trovarli. Tuttavia dovrebbero stimolare la sua memoria”.
Sì, qualcosa del genere sta avvenendo. Altri flash compaiono nella mente di Hector: vede tre persone, ognuna delle quali indossa uno dei tre amuleti. Sembrano inseparabili ed insieme sgominano bande criminali. Poi litigano per l’amore di una donna e gettano via gli amuleti. Lui li vede, li indossa… e cambia totalmente. Quel costume… sì, ecco perché lo hanno chiamato la Tigre Bianca. Viene accusato di omicidio, si scagiona con difficoltà (questo pare quasi un evento ciclico per lui): lo aiutano sua sorella Awilda, un detective di colore e quel tizio dalla doppia pelle che ha visto poco fa. Il suo nome… sì, il Fante di Cuori.
Tutto sta lentamente tornando alla sua mente, soprattutto gli eventi dolorosi. Entra all’università, conosce l’Uomo Ragno, la sua doppia identità diviene di pubblico dominio e qualcuno ne approfitta. Penetrano nella sua abitazione, uccidono tutta la sua famiglia per attirarlo allo scoperto e ferirlo a morte. Ecco, vede il volto di quell’infame e nota che un suo arto è stato sostituito da una mazza ferrata. Questa drammatica vicenda convince Hector ad abbandonare le scene supereroistiche e a dedicarsi a tempo pieno alla professione di insegnante. Sembra però che le sue priorità ora siano cambiate. Il muro crolla ed Hector riassapora il gusto della verità, se di questo si tratta.
“Sì, ricordo finalmente. Ricordo tutto”.
“Questo mi fa piacere, signor Ayala. Ed ora… cosa direbbe se affermassi che tutto quello che ha visto, tutto quello che ha sperimentato nella sua vita era già stato prestabilito prima ancora che nascesse? Cosa direbbe se affermassi che la sua esistenza, e non solo la sua, è un bluff ben giocato?”.
Il volto di Hector Ayala si tinge di rabbia. “Lei chi è? Per chi lavora? La CIA? Qualche oscuro organismo paragovernativo?”.
“Non veda complotti laddove non ce ne sono, signor Ayala. Le sto dicendo la verità, anche se è comprensibile che lei non voglia accettarla per adesso. Ci pensi su, ci pensi bene. Ne riparleremo al nostro prossimo incontro”.
“Andrò dritto filato alla polizia, piuttosto”.
“Io non glielo consiglio. Perché vede… lei ha veramente ucciso quel bambino, ha veramente commesso il crimine di cui è accusato”.
“No, non ci credo. Non ricordo di averlo fatto. E comunque non sono capace di una simile crudeltà”.
“Gliel’ho già detto: la sua vita è prestabilita, i sentieri che percorrerà ci sono già noti. Ma ora è tardi. Arrivederci, signor Ayala”.
“Cosa volete da me?”.
“Questo lo scoprirà presto. Ora però le consiglio di nascondersi, sta per arrivare la polizia”.
L’uomo in nero si rifugia in un vicolo e, prima che Hector possa inseguirlo, le gazzelle della polizia arrivano davvero. Non avendo tempo per nascondersi, l’uomo si volta ad ammirare una vetrina, nella speranza che non lo notino. Le auto lo oltrepassano, senza fermarsi: non avevano le sirene accese, evidentemente non stavano cercando lui.
Incamminandosi nella direzione opposta, Hector Ayala medita sulle strane parole dettegli da quell’uomo in nero: le bolla infine come fandonie e non vi dà troppo peso. Inoltre ha problemi più pressanti di cui occuparsi ora: sta per calare la notte e deve trovare una qualche sistemazione. Riflette se presentarsi o meno alla polizia… ma una voce dentro di lui lo invita a lasciar perdere. Possibile che abbia veramente ucciso quel bambino? Qual è l’ultimo ricordo che ha? Vediamo, come ogni mattina aveva fatto lezione all’università, verso mezzogiorno era tornato a casa per concedersi un veloce pranzo prima di un paio di lezioni pomeridiane…
E qui tutto diventa oscuro: Hector non è certo di essere tornato a casa, non è certo di dove si è recato. Non è certo di nulla.
Perso nei suoi pensieri, l’uomo passa a breve distanza dalla Carolco Farmaceutical. Se fosse arrivato qualche minuto prima avrebbe di certo udito rumori di lotta e quasi certamente avrebbe evitato questa zona. Sfortunatamente per lui non l’ha fatto.
Improvvisamente una raffica energetica colpisce il terreno a pochi passi da lui e lo costringe ad indietreggiare. Solo per miracolo non perde l’equilibrio, il cappellino dei NY Yankees invece vola via.
“Questa è la mia serata fortunata” dice in quel momento una persona rivestita di un costume bianco e blu “Prima do una bella lezione a questi tizi che vendono farmaci scaduti ai paesi del terzo mondo, mentre adesso posso catturare un assassino di bambini e di poliziotti”.
Hector riconosce chi ha di fronte, ha letto sui giornali di alcune sue imprese. “Tu sei Cardiac, vero? Ti prego di credermi, non ho commesso il crimine di cui sono stato accusato”.
“Ed allora perché ti aggiri come se fossi un fuggitivo? Dov’eri quando è avvenuto il fatto? Avanti, voglio verificare il tuo alibi”.
“Io… non ricordo nulla di quanto avvenuto ultimamente”.
Eli Wirtham estrae la sua staffa:”Vediamo se riesco a stimolare la tua memoria”.

“E dunque noi chiediamo, anzi no, esigiamo che venga fatta giustizia. In un modo o nell’altro. Hector Ayala si è reso colpevole del più odioso atto che l’uomo possa compiere. In questa città è stata ripristinata la pena di morte, ma è stata applicata troppo raramente: è tempo di invertire la rotta. E questi supereroi, che perdono il loro tempo in annose e poco interessanti risse… che inizino ad occuparsi di qualcosa di più serio”.

Manhattan.

Hector sa benissimo cosa sta per accadere e questo, unito ai suoi straordinari riflessi, gli impedisce di essere colpito dalla raffica di Cardiac. Il vigilante ne spara subito un’altra, ma anche questa viene evitata. L’uomo è tuttavia consapevole che questa situazione non potrà protrarsi a lungo, prima o poi verrà colpito, deve contrattaccare subito.
In poche frazioni di secondo trova la sua contromossa: il punto più forte di Cardiac è la sua staffa, ma può rivelarsi anche il suo punto debole. Se ne ha la conferma quando Eli Wirtham spara una terza raffica: con un prodigioso balzo, Hector Ayala la scansa e arriva davanti al vigilante, aggrappandosi alla sua arma.
“Cosa…?” esclama il vigilante con comprensibile stupore.
Hector compie un nuovo balzo, stavolta all’indietro: nel farlo si accerta di centrare al volto con i suoi piedi Cardiac. E nell’impatto, quest’ultimo allenta lievemente la presa sulla sua staffa. Più che sufficiente perché Hector gliela sottragga. Non deve perdere tempo, ora. Come Eli Wirtham perde l’equilibrio e cade a terra, Hector gli è subito sopra e punta la staffa contro il suo volto. In pochi secondi ha già capito il suo funzionamento.
“Mi dispiace” dice.
Poi una raffica centra Cardiac in pieno volto e lo mette ko.
Hector Ayala getta a terra la staffa, raccoglie il cappellino e si allontana, però non può fare a meno di sentire la fatica. Soprattutto nelle sue gambe. Dopo qualche minuto si ferma, per riprendere fiato. Ma le sue speranze di una notte tranquilla sono destinate ad essere frustrate quando una figura col costume rosso e blu atterra davanti a lui.
“Io e te dobbiamo parlare, Hector” dice l’Uomo Ragno.

CONTINUA...

PROSSIMAMENTE

La trama si infittisce

Note dell' Autore: Ebbene sì, nel nostro universo narrativo Hector Ayala, la Tigre Bianca, è ancora vivo e vegeto ma non ha perso l’abitudine di cacciarsi nei guai. A cosa porterà questa trama lo vedremo nei prossimi numeri.